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Olio extravergine: fruttato, amaro, dolce, spremuto a freddo… tutti i segreti delle etichette nel dossier dell’Icqrf

“Leggere attentamente l’etichetta” ma decodificare le diciture sulle confezioni è complicato, soprattutto per certi prodotti come l’olio extravergine di oliva. Continua a leggere

Etichettatura e registro Sian, chiarimenti per i produttori

Alcune precisazioni sui soggetti obbligati alla compilazione del registro telematico e sulle diciture apponibili in etichetta riguardanti la campagna di raccolta e la provenienza delle olive

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Olio venduto a 54 euro e spacciato per ‘made in Italy’: sequestrate 40 bottiglie

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Nuove regole da Bruxelles per le indicazioni facoltative dell’olio extra vergine d’oliva

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il nuovo regolamento delegato 1096/2018 “con riguardo ai requisiti per talune indicazioni di etichettatura dell’olio d’oliva”. Caratteristiche chimiche e campagna di raccolta hanno una nuova disciplina

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Dal Registro Sian all’etichetta parlante, un progetto per l’olio extra vergine di oliva italiano

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etichettatura degli olii

Obbligo di indicare in etichetta il produttore e/o il confezionatore degli alimenti

Per tutelare i consumatori oggi devono essere loro assicurati da informazioni che consentano di scegliere anche la qualità che preferiscono. Le nostre imprese agroalimentari sapranno cogliere questa opportunità andando incontro alle esigenze dei consumatori sempre più attenti. Continua a leggere

etichettatura degli olii

Nuove regole per le indicazioni facoltative sulle etichette dell’olio extravergine di oliva

Concluse il 29 marzo le consultazioni della Commissione europea sulla modifica del regolamento 29/2012. Più complicato inserire le indicazioni sulle caratteristiche chimiche. Nuove norme anche per l’indicazione della campagna olearia e/o periodo di raccolta 

La Commissione europea ha dato quasi un mese, agli operatori del settore olivicolo, per esprimere la propria posizione su alcuni cambiamenti al regolamento 29/2012, sull’etichettatura dell’olio extra vergine di oliva.

In particolare, la bozza di atto delegato della Commissione propone di cambiare due aspetti importanti delle indicazioni facoltative:l’uno sulle caratteristiche organolettiche e l’altro sulla campagna olearia e/o periodo di raccolta.

La Commissione intende modificare l’articolo 5 comma 1: “d) l’indicazione dell’acidità massima può figurare soltanto se è accompagnata da un’indicazione in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso campo visivo, del valore del perossidi, del contenuto di cera e della spettrofotometria all’ultravioletto determinato conformemente al regolamento (CEE) n. 2568/91 e così come attesi al termine minimo di conservazione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera f), di regolamento (UE) n. 1169/2011” Non solo, quindi, il produttore che voglia indicare l’acidità lo dovrà fare inserendo anche altri parametri ma dovrà mettere i valori così come previsti alla data di scadenza dell’olio. E’ noto che, almeno sui principali parametri chimici, è possibile simulare l’andamento dei valori analitici, ma solo qualora la bottiglia venga conservata adeguatamente, ovvero seguendo quanto specificato in etichetta. Stante che il regolamento 1169/2011 obbliga ad avere documentazione di ogni indicazione posta in etichetta, è evidente che la certificazione analitica dovrà contenere anche il valore atteso alla data di scadenza dell’olio. Prevista anche una più stringente normativa su come vada indicato il periodo di raccolta: “ai fini del presente punto, l’anno di raccolta è indicato sull’etichetta sotto forma di campagna di commercializzazione, conformemente articolo 6, lettera c), punto iii), del regolamento (UE) n. 1308/2013 o in forma di mese e anno della raccolta. Il mese corrisponde a quello di estrazione dell’olio dalle olive.”

Secondo le previsioni del legislatore comunitario, quindi, si potrà indifferentemente indicare la campagna olearia nella sua interezza (2017/2018) oppure il mese/anno di molitura delle olive (11/2017). Inoltre la Commissione ha intenzione di inserire un articolo 5 bis: “Gli Stati membri possono decidere che l’anno del raccolto di cui alla lettera e) del primo comma l’articolo 5, paragrafo 1, debba essere indicato sull’etichetta degli oli di oliva di produzione nazionale, ottenuto da olive raccolte sul loro territorio e destinati esclusivamente ai rispettivi mercati nazionali.”

La richiesta viene quindi incontro all’Italia che già dal 2016 (legge 122/2016) dispone l’obbligo di indicazione della campagna di produzione quando l’olio sia 100% e unicamente frutto di quella annata produttiva.

Si tratta di cambiamenti che sono stati mal accolti da Anierac e Asoliva, associazioni dell’industria e del commercio oleario iberico. Si tratta anche dei due unici pareri espressi in merito al provvedimento normativo comunitario.

Di seguito vi proponiamo le argomentazioni delle due associazioni.

Asoliva: “La modifica dell’articolo 5, lettera d), sull’indicazione dell’acidità massima, ci sembra superflua e scomoda l’inclusione nello stesso campo visivo di informazioni sul tenore di perossidi, di cere, ecc. perché i consumatori non le capiscono e non forniscono alcuna informazione utile. Pertanto, la nostra posizione è quella di includere l’acidità massima senza ulteriori informazioni, come è stato fatto anni fa. La modifica dell’articolo 5, lettera e), riguardante l’anno di raccolta degli oli d’oliva vergini ed extravergini, causerà problemi all’etichettatura in molti paesi dell’Ue, poiché spetta a ciascun paese rendere obbligatoria l’inclusione di tali informazioni sull’etichetta, costringendo l’industria a creare etichette diverse per ciascun paese. Inoltre, soprattutto all’inizio della stagione di produzione, a volte le bottiglie contengono tagli di oli provenienti da diverse annate di raccolta. Pertanto non vediamo alcun risultato positivo e non sosteniamo questo cambiamento.”

Anierac: “Emendamento Articolo 5, lettera b): Non vediamo la necessità di questa modifica. Emendamento Articolo 5, lettera d): chiediamo che questa condizione sia eliminata. L’industria del confezionamento sa che il consumatore non comprende il significato e la portata del contenuto di perossidi, cere e raggi ultravioletti, ma valuta intuitivamente l’acidità. La Commissione riconosce che l’informazione dei consumatori deve essere sufficiente, chiara e comprensibile. Le informazioni non capite hanno un effetto negativo. A difesa del valore aggiunto della menzione dell’acidità, le definizioni delle categorie stesse si riferiscono solo ed esclusivamente all’acidità. Nelle definizioni non è menzionato nessun altro parametro. In breve, la nostra proposta è che, con le garanzie e i requisiti abituali in materia di informazione sull’etichettatura, l’acidità massima possa essere indicata singolarmente, senza essere soggetta all’obbligo di menzionare altri parametri.”

Fonte: www.teatronaturale.it

etichettatura degli olii

Etichette alimentari: il 61% degli italiani le trova incomprensibili

Italiani interessati alle etichette alimentari, ma in difficoltà nella decodifica delle informazioni in esse contenute. Questo il quadro che emerge da un’indagine condotta dall’Osservatorio Ixè per conto di Citterio.

In base alle dichiarazioni raccolte più del 95% dei cittadini legge quanto riportato sulle schede informative stampate sulle confezioni, divisi tra chi si informa su qualsiasi alimento (43%) e chi invece si limita solo ad alcuni prodotti (52%). Il 61% troverebbe però difficile interpretare i dati riportati nell’etichettatura.

Le informazioni più ricercate sulle etichette alimentari risultano, dopo la data di scadenza (75% degli intervistati): elenco degli ingredienti (61%); origine delle materie prime utilizzate (53%); eventuale presenza di conservanti e/o coloranti (52%); istruzioni sulla conservazione del prodotto (49%); valore energetico (36%); livelli di acidi grassi saturi e sodio (34%).

Da parte degli italiani vi sarebbe, secondo gli autori dell’indagine, una crescente attenzione verso le informazioni relative ai generi alimentari consumati. Come ha dichiarato Margherita Sartorio, ‎co-founder e CEO ‎dell’Osservatorio Ixè, sottolineando l’importanza di una corretta etichettatura degli alimenti: “Abbiamo rilevato una preponderante attenzione al cibo, alla salubrità e al benessere, congiunta ad una ricerca costante di rassicurazione su ciò che si porta a tavola. Si sviluppa quindi una crescente competenza del consumatore che cerca e chiede informazioni su ciò che acquista; in questo l’etichetta è un veicolo cruciale di informazione: deve essere completa, corretta, trasparente, così da segnalare il rapporto di rispetto nei confronti del consumatore e costruire fiducia.”

Fonte: www.greenstyle.it

etichettatura degli olii

Obbligo della sede di stabilimento, termine per lo smaltimento delle etichette non conformi: scadenza

15 marzo 2018, data dopo la quale le etichette non conformi al nuovo Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, recante la disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento non possono più essere utilizzate. Le sanzioni, anche se di natura amministrativa, sono piuttosto pesanti: 2.000 euro a 15.000 euro.

Come noto, questo decreto ha reintrodotto l’obbligo di indicazione in etichetta della sede di produzione/confezionamento: si tratta di un obbligo che, però, vale esclusivamente per i prodotti alimentari preimballati, fabbricati in Italia e destinati al consumatore finale o alle collettività in Italia.

Se il prodotto è chiaramente destinato al mercato francese, ad esempio, l’indicazione della sede potrà essere omessa.

La nuova disciplina merita attenzione in quanto carica di talune sfumature:se gli alimenti sono preimballati e destinati a una collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o tagliati, l’indicazione in esame potrà essere riportata sui documenti commerciali e sempre che tali documenti accompagnino l’alimento cui si riferiscono o siano stati inviati prima o contemporaneamente alla consegna; lo stesso vale per i prodotti preimballati commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore finale, la cui indicazione, una volta apposta sui documenti commerciali, consentirebbe all’acquirente di adempiere a sua volta all’obbligo di etichettatura in parola.

Il decreto non fornisce una definizione di sede di confezionamento, nonostante l’obbligo sia riferito alternativamente a quella “di produzione” o, se diversa, “di confezionamento”; sembrerebbe quindi che, in caso di diversità, si dovrebbe indicare l’ultima sede, quella di confezionamento.

Tale lettura è consonante alla finalità sanitaria che il legislatore ha inteso riconoscere a questo obbligo e cioè quella di favorire una migliore capacità di rintracciabilità degli alimenti insicuri.

Vi sono poi alcune deroghe: l’indicazione obbligatoria in esame può essere omessa se: la sede dello stabilimento coincide con la sede dell’operatore del Settore Alimentare Responsabile delle Informazioni (OSARI), già indicato in etichetta ai sensi dell’art. 9, para. 1. lett. h) del reg. n. 1169/2011; per i prodotti di origine animali preimballati su cui sia riportato il marchio di identificazione di cui al regolamento n. (CE) 853/2004 o della bollatura sanitaria ai sensi del reg. 854/04. se l’informazione relativa alla sede dello stabilimento è comunque contenuta all’interno di un marchio di impresa riprodotto sull’etichetta.

Pertanto, fuori dalle ipotesi appena sopra menzionate, in caso di inadempimento all’obbligo introdotto dal presente decreto sono previste, salvo che il fatto costituisca reato, sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

Fonte: www.rivistadiagraria.org