Ultrasuoni per l’estrazione dell’extra vergine di oliva: esame superato in quattro frantoi pugliesi
Anche secondo una ricerca spagnola gli ultrasuoni ad alte potenze e bassa frequenza innalzano le rese di estrazione, preservano i composti bioattivi, non alterano la composizione acidica e migliorano le caratteristiche organolettiche. Possibile recuperare mezzo chilo d’olio ogni cento chili di olive
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L’innovazione trova il suo fondamento sulla capacità di creare, reperire, unire e trasferire conoscenza. La conoscenza è la base su cui si fonda la capacità di innovare e l’università è il tempio del sapere. I ricercatori che operano nelle Università pubbliche sono chiamati a mettere a disposizione il proprio ingegno per la risoluzione di problemi che condizionano il territorio in cui l’Università insiste per migliorare le condizioni di vita ed il benessere economico, sociale e culturale dei cittadini.
Innovare nel mondo dell’olio extravergine di oliva non è un percorso semplice, perché uno dei pilastri dell’immaginario del prodotto risiede nel concetto di tradizione. Inoltre un enorme ostacolo alla validazione delle innovazioni è la stagionalità del prodotto. Partendo da queste premesse il ricercatore che sviluppa impianti innovativi, e che non si limita a testare macchine sviluppate da aziende private certificandone gli aspetti funzionali, si trova davanti a un bivio quando fa una scoperta:
– Brevettare l’idea, il prototipo o l’applicazione precisando che ogni risultato generato dall’attività di ricerca con i mezzi dell’Università è proprietà dell’Università stessa e il ricercatore non può trarne profitto personale a meno che i risultati non siano stati ottenuti partecipando allo sviluppo ed alla brevettazione con risorse personali (quindi l’inventore è il ricercatore ma la proprietà del brevetto è dell’Ateneo)
– Pubblicare gli esiti della ricerca (non divulgabili durante tutto il periodo istruttorio della brevettazione) descrivendo tutti gli aspetti progettuali, costruttivi, e le condizioni sperimentali in modo da rendere l’esperimento riproducibile da terzi (principio della riproducibilità).
Questa è la realizzazione della strategia della proprietà intellettuale aperta e rappresenta la strada per favorire la transizione verso tecnologie più efficaci, efficienti e sostenibili. Come si può comprendere se una ricerca è una reale innovazione? Il principio della riproducibilità è un aspetto cardine del un metodo scientifico e garantisce l’oggettività dell’esperimento: conducendo le sue osservazioni attraverso un empirismo stretto e ragionando con la logica formale, il ricercatore cerca di assicurare oggettività al suo approccio. Di conseguenza, se il ricercatore giunge a una conclusione basata su una certa evidenza, altri ricercatori devono poter raggiungere la stessa evidenza e arrivare alla stessa conclusione o a una equivalente.
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Queste premesse chiariscono l’approccio che l’Università di Bari ed il Politecnico di Bari hanno attuato per accelerare lo sviluppo e l’applicazione del sistema continuo – che combina ultrasuoni e scambio termico – per il simultaneo incremento di resa e contenuto in polifenoli dell’olio extravergine d’oliva, rompendo il paradigma storico del mondo dell’olio che vede quantità e qualità come parametri in antitesi. Il principio che ha guidato la sperimentazione è stato la totale condivisione della gestione dell’impianto con i frantoiani.
Infatti ogni tappa che ha caratterizzato l’evoluzione dei tre prototipi (Reggello (FI) 2012; Colletorto (CB) 2013-2014; Giovinazzo (BA) 2014 -2015-2016) che ha condotto alla macchina testata con successo nella campagna 2017-2018 ha contemplato la totale condivisione delle strategie progettuali impiegate in una logica Open Innovation per l’accelerazione del trasferimento tecnologico.
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La sperimentazione del prototipo ad ultrasuoni è stata poi condivisa con i frantoiani per consentire di raccogliere i feedback utili a migliorare la tecnologia, ottimizzare i risultati, condividerli ancora con gli stakeholder instaurando un circolo virtuoso di fiducia e collaborazione. Dall’invenzione all’innovazione: una strada lunga, tortuosa e… costosa. L’impianto nel corso dell’ultima campagna olearia è stato testato in quattro differenti frantoi. I limiti tecnici da superare in una sperimentazione in scala reale ed itinerante sul territorio sono molteplici: – la necessità di trasportare, montare, adattare (ogni impianto limiti e ha raccordi differenti che implicano modifiche personalizzate), e testare la macchina inserendola in layout differenti per brand e tipologia delle macchine. – la necessità di adattare le portate della linea di lavorazione alla portata del prototipo – la necessità di disporre di grandi partite omogenee di olive – la necessità di coordinarsi con le esigenze produttive dei frantoi, che per le operazioni di misura e il bisogno di separare in maniera netta i singoli lotti di produzione, rallentando i ritmi di lavorazione in periodi di attività frenetici condizionati anche dall’attività conto terzi. Far passare un’invenzione dallo stadio di prima idea a quello di concreta applicazione è un passaggio dunque può richiedere lunghi anni di sperimentazione e può risultare assai costoso.
Durante l’ultima campagna olearia un finanziamento di una Fondazione ha consentito di superare uno degli ostacoli principali alla validazione dell’innovazione tecnologica: testare l’impianto combinato ultrasuoni/scambio termico implementandolo in linee di trasformazione differenti, in areali diversi e con molteplici cultivar. Hanno partecipato alla sperimentazione: Frantoio Olearia Pazienza s.r.l. a Bitonto (BA) Frantoio Mimi’ a Modugno (BA) Frantoio GRACO s.n.c. a Torremaggiore (FG) Frantolio D’Amico Pietro a Cisternino (BR).
Dalle prove condotte per la validazione della tecnologia è emerso che l’impianto innovativo che combina l’energia meccanica degli ultrasuoni con la possibilità di modulare lo scambio termico della pasta olearia riscaldano o raffreddando ha consentito di:
1) Eliminare la gramolazione realizzando un processo effettivamente continuo
2) Innalzare le rese di estrazione recuperando una ulteriore quota di olio extravergine che si perde nelle sanse
3) Preservare le molecole antiossidanti che con i metodi tradizionali si perdono quando si opera per innalzare le rese
4) Ottenere una valutazione organolettica migliore
5) Offrire una soluzione impiantistica sostenibile e in grado di garantire il giusto reddito ai produttori.
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Considerando che i centri di ricerca pugliesi (Università di Bari e Politecnico di Bari) e spagnoli per percorsi indipendenti sono giunti a una medesima conclusione basata su una identica evidenza, si può stabilire che il principio di riproducibilità sia stato rispettato e che la tecnologia, validata in diversi frantoi grazie finanziamento di una Fondazione, è dotata di elevata flessibilità e compatibilità con gli impianti preesistenti. L’impianto dell’Università degli Studi di Bari e del Politecnico di Bari, primo prototipo in scala industriale progettato, costruito e sperimentato nei frantoi con i frantoiani, introducendo simultaneamente il sistema di scambio termico caldo/freddo offre l’opportunità di modulare il processo anche variando le temperature in linea con le più recenti evidenze scientifiche che sottolineano come i cambiamenti climatici e la sempre più anticipata apertura della campagna olearia richieda di raffreddare la pasta olearia. Il sistema ad ultrasuoni, inoltre, incontra le esigenze di applicazione delle due tipologie di filiera olearia presenti in Italia: l’olio artigianale e l’olio industriale.
È adatto a piccoli impianti da 15-20 q/h o a impianti di grandi dimensioni da 40/60 q/h. Immaginate se negli impianti oleari che operano nel mondo si recuperasse con certezza anche solo mezzo kg di olio extravergine (valore molto al di sotto della media dell’incremento di resa) per ogni 100 kg di olive quante tonnellate d’olio extravergine di qualità in più ci sarebbero!
di Maria Lisa Clodoveo, Riccardo Amirante
Fonte: www.teatronaturale.it